Titolare nella Lazio ora è un caso in Arabia
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Titolare nella Lazio ora è un caso in Arabia

Fino a pochi anni fa i campionati cosiddetti esotici venivano considerati il luogo ideale, per i grandi calciatori sul viale del tramonto, dove andare a concludere le loro carriere.

Fino a pochi anni fa i campionati cosiddetti esotici venivano considerati il luogo ideale, per i grandi calciatori sul viale del tramonto, dove andare a concludere le loro carriere. Stipendi altissimi a fronte di un agonismo decisamente non esagerato, pensioni d’oro senza la pressione, lo stress e i ritmi frenetici imposti dal grande calcio europeo. E così gli Emirati e l’Arabia, l’Australia e la Mls americana hanno accolto a braccia aperte tanti campioni un po’ avanti con l’età, pensando in questo modo di dare lustro a competizioni universalmente considerate di basso livello.

Poi, nel dicembre 2022, la svolta: Cristiano Ronaldo decide, a sorpresa ma non troppo, di accettare la corte dell’Al-Nassr e si trasferisce così nella penisola saudita. Da quel momento tutto cambia, con tanti calciatori che sulla scia del portoghese decidono di compiere la stessa scelta. Non si va più in Arabia per “svernare”, ma anche nel bel mezzo della propria carriera, ovviamente e sempre per una questione prettamente economica, al di là di benevole frasi di facciata.

Non sempre però passare dai grandi palcoscenici europei ad un campionato dove il livello tecnico è decisamente inferiore significa in automatico andare “a giocare in ciabatte”, e il caso dell’ex Lazio Luiz Felipe è in tal senso emblematico.

Dalla Champions League al dimenticatoio, per lui la campagna araba si è rivelata un inaspettato flop.

Titolare nella Lazio ora è un caso in Arabia

La parabola discendente di Luiz Felipe

Luiz Felipe arriva in punta di piedi in Italia appena 19enne dall’Ituano, piccolo club della Serie D brasiliana, e la Lazio decide di mandarlo a farsi le ossa in Serie B nell’allora club “satellite”, la Salernitana. Nel campionato cadetto il classe ’97 non impressiona gli addetti ai lavori, tranne che Lotito, il quale rimane impressionato dalle qualità fisiche e tecniche del ragazzo e decide di portarlo a Roma. Da lì comincia la sua ascesa, sotto la sapiente guida di Simone Inzaghi: dalla panchina al posto da titolare, fino a leader difensivo della retroguardia biancoceleste; poi il gol in Champions League al Borussia Dortmund e perfino la convocazione nella nazionale italiana da oriundo con l’esordio in azzurro contro la Germania.

Quando si tocca l’apice però, inizia inesorabilmente la discesa, con Luiz Felipe che decide di non rinnovare il contratto in scadenza con il club di Lotito e vola al Betis Siviglia a parametro zero. In Spagna il difensore non trova la fortuna sperata, al punto che il club andaluso decide di venderlo dopo appena una stagione all’Al-Ittihad, club arabo che ha già ingaggiato campioni del calibro dell’ex Pallone d’Oro Karim Benzema e del centrocampista campione del Mondo N’Golo Kante. I sauditi staccano al Betis un assegno da 25 milioni, e garantiscono al giocatore un ricco pluriennale da quasi 10 mln l’anno. L’esperienza in Saudi Pro League dell’italo-brasiliano si sta però rivelando un flop. Dopo aver iniziato da titolare, è ormai da un mese che Luiz Felipe non vede il campo, e nemmeno la panchina ad onor del vero, tanto che il club arabo vorrebbe rispedirlo in Spagna, se non fosse per le norme spagnole che impediscono al calciatore di tornare nel precedente club a stagione in corso.

A nemmeno 27 anni, l’ex Lazio si ritrova ad un punto morto della sua carriera, in una parabola discendente che non sembra trovare appigli da dove ricominciare la risalita. La scelta di lasciare il club biancoceleste prima, e il calcio che conta poi, si sta rivelando a posteriori professionalmente sbagliata, anche se il suo conto in banca sorride e la sua pensione è garantita.

La domanda, in questo caso, sorge spontanea: ne è valsa veramente la pena?

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