La Coppa Italia chiama, il Bologna proverà a rispondere
Il film del cammino dei rossoblù fino alla finale di Roma, in programma per mercoledì prossimo all’Olimpico. Sono 51 anni che il club non vince questo trofeo

C’è voluto un giro lunghissimo, eterno, come Roma, dove il Bologna mercoledì sera proverà a brillare un’altra volta, come cinquantuno anni fa. Tanti, troppi, ma quello che conta oggi è esserci: novanta minuti per la gloria e per un sogno, che per decenni è stato utopia, tra imprecazioni, rabbia e anche rassegnazione, quando già il terzo turno estivo appariva come una montagna insormontabile.
Il Bologna e la Coppa Italia, binomio impossibile, almeno fino a questa stagione, quando l’onta delle varie Cittadella, Pavia, L’Aquila, Triestina, Ternana e Frosinone (e ce ne sarebbero tante altre da aggiungere), si è finalmente dissolta, spianando la strada ad un cammino esaltante come da queste parti non si vedeva da tempo, o forse non si era mai visto. Da quel tardo umido e buio pomeriggio di dicembre contro il Monza, alla calda notte romana che verrà contro il Milan: 161 giorni passati a fantasticare con i rossoblù, una sensazione stupenda, da far tremare una città. Altroché coppetta…
E non provate a dirlo nemmeno ad Italiano, che dalla sua ha un fastidioso tabù da sfatare, essendo sempre scivolato a questo punto del percorso, ad un soffio dal traguardo. Ma per arrivarci bisogna fare le cose per bene, e allora anche se campionato e Champions incombono, il mister all’ottavo di finale al Dall’Ara schiera l’artiglieria pesante. E viene ripagato, subito. Pobega si sblocca, dimentica il prematuro rosso di qualche giorno prima contro la Lazio e infila un bolide nel sette, Orso lo segue (prima di infortunarsi), poi l’asse argentina Dominguez-Castro fa ballare il tango a tutta la difesa di Nesta, che vede il rossoblù spuntare ovunque, mentre Pizzignacco evita più volte la cinquina. Poker e Monza eliminato: avanti il prossimo, ai quarti.
Dalla Romagna soffia un vento desideroso di derby, ma di mezzo c’è l’Atalanta, che trasforma il tappeto del Gewiss in quello di Wimbledon, doma 6-1 il Cavalluccio e fa le prove per il turno secco in casa propria contro Ferguson e compagni.
Da Bergamo, dritto verso Roma…
Salutata la Champions a Lisbona, sei giorni dopo, il 4 febbraio, il Bologna torna a riassaporare la Coppa Italia, volando su Bergamo. E come ogni gara che si rispetti in casa della Dea, è battaglia vera, tosta, fin da subito. Ma la squadra di Italiano c’è, se la gioca alla pari lì dove Real Madrid e Arsenal hanno vissuto gli incubi.
Ad un quarto d’ora dalla fine, Gasperini sceglie di buttare nella mischia Posch, con ancora le valigie in mano in arrivo dalle due torri. Proprio l’austriaco, che l’anno prima a Firenze sparò in orbita il rigore che avrebbe potuto portare il Bologna in semifinale. Proprio l’austriaco sì, che questa volta commette il fallo che porta alla punizione tradotta in gol da Castro, tenuto in posizione regolare per centimetri dallo stesso Posch.
Perché quando il Dio del calcio si mette in mezzo, diventa dura poi fermarlo. Zero a uno: è semifinale, 26 anni dopo l’ultima. Ma si può fare di meglio, ad Empoli per esempio, dove un mare rossoblù invade il Castellani. Già dal calcio d’inizio le sensazioni sono quelle giuste. A confermarlo sono Dallinga, con stile, e Orso, con tanto di “toc toc” alla telecamera e con Spalletti in tribuna a sorridere, ma forse neanche così tanto.
Poi ancora l’olandese: 0-3, ed è solo l’inizio. Il ritorno al Dall’Ara, gonfio di gioia e colori, è pura formalità, con Fabbian e Dallinga a suggellare una notte che verrà ricordata a lungo, chiusa con la squadra a prendersi l’abbraccio della curva. Dopo Cremonini, questa volta anche Lucio canta ai bolognesi. Poi si muove la città, in 30mila più undici, tutti a Roma, ma proprio tutti. Per la storia.
Giovanni Poggi