Lazio, Sarri è tornato: questa volta non si può sbagliare!
Maurizio Sarri è tornato alla Lazio un anno e mezzo dopo quelle dolorose dimissioni: questa volta, però, non si può commettere lo stesso errore

Quell’ultima sigaretta fumata sulle scale di Formello, nel giorno delle dimissioni, era un’immagine troppo triste per pensare che sarebbe stata l’ultima di Maurizio Sarri alla Lazio. Lui cacciatore di una perfezione utopistica, maestro della bellezza, costretto a rassegnarsi a un destino troppo amaro. Non lo ha accettato lui, non lo ha accettato il popolo laziale che quel giorno ha perso una bussola, ha perso il Comandante di quella nave che era simbolo di sogno e speranza. “La gente pensa che la vittoria sia tutto. Per me è importante, ma il viaggio lo è di più” ha sempre sostenuto Sarri. E chissà qual era in quel momento, mentre quel fumo amaro usciva dalla sua bocca, la considerazione sul viaggio fatto sulla panchina biancoceleste. Chissà se in quel momento c’era i rimorsi per qualcosa che lui stesso avrebbe potuto far diversamente: se realmente considerava quelle dimissioni come la scelta più giusta da fare.
Un senso di incompiuto
Pensieri che in pochi minuti – il tempo di aspirare il tabacco presente in quella Marlboro rossa – hanno invaso la testa di Maurizio Sarri, facendo a pugni con l’amarezza di non essere arrivato al traguardo: di non aver terminato quel viaggio. C’era un senso di incompiuto in quelle ore a Formello. L’amarezza circondava i campi del centro sportivo della Lazio, le incertezze sul futuro aleggiavano nella mente dei tifosi laziali, mentre le critiche si alzavano contro una società che si trovava di punto in bianco a fare i conti con i propri errori. Da quel giorno sappiamo tutti com’è andata a finire. Martusciello in panchina a Frosinone, poi Tudor e le seconde dimissioni consecutive di un allenatore in casa biancoceleste, prima del progetto Baroni e della sua fine precoce per gli stessi, soliti e identici errori della dirigenza. Una pianificazione triennale, durata dieci mesi e terminata con il tentativo di accollare a Marco Baroni responsabilità inesistenti.
Il ritorno del Comandante
Un’annata iniziata con una contestazione e terminata allo stesso identico modo, ma placata sul nascere da una scelta sicura e netta della Lazio. Maurizio Sarri è stato il nome fatto da Angelo Fabiani, proposto anche a Lotito che non ha esitato ad approvarlo. Dopo un anno e mezzo di stop, quando Sarri sembrava destinato a restare un enorme “what if…” del passato, il suo nome è tornato riecheggiare nella testa e nel cuore dei tifosi. Una trattativa lampo lo ha riportato nella Capitale ponendo le basi sull’amore incondizionato che lui prova verso la Lazio e i suoi tifosi, verso quel mondo che – come ha sempre detto – “mi ha fatto tornare la voglia di allenare”. C’era troppo in sospeso, non era possibile gettare quanto di bello fatto e quanto di eccellente prospettato. Sarri era ancora legato a quel cordone ombelicale che è frutto di passione e sentimento. Allenare la Lazio allo Stadio Flaminio, anzi, Maestrelli, ritirarsi dal calcio come allenatore della Lazio: promesse che non aveva potuto mantenere e che oggi tornano quanto mai attuali.
Lazio, non commettere gli stessi errori
Maurizio Sarri ha accettato di tornare alla Lazio. Lo ha fatto con la consapevolezza di poter riprendere quanto lasciato in sospeso, di poter guidare un nuovo progetto in cui veramente il suo ruolo è centrale. Forse non un manager all’inglese, ma neanche così di stante. Sarri ha voluto delle garanzie, quegli errori commessi nell’estate nel 2023 non sono più accettabili. Ha già dimostrato una volta di esser pronto ad abbandonare nel caso in cui non ci sia condivisione nelle scelte: se si vuole sognare, se si vuole crescere la strada dev’essere decisa insieme. L’aspetto economico e più generalmente contrattuale non è mai stato un problema.
Sarri si è preso dei giorni per delineare insieme a Fabiani le strategie, per esser seguito nelle sue idee, nella sua visione così tanto futuristica, così aziendalistica da rifiutare i trofei, per premiare la crescita. Una qualificazione in Champions vale più di una Coppa Italia. Questo è il mantra di Sarri, di una gestione che inizialmente arricchirà meno il palmarès, ma avrà come obiettivo quello di riportare la Lazio su palcoscenici importanti per introiti e visibilità. Premesse da leccarsi i baffi, soprattutto se raggiunte usando il ‘Sarrismo’ come mezzo, ma che richiedono una massima disponibilità da parte di una società che, dopo la scelta fatta, non può commettere di nuovo gli stessi errori.
Niccolò Di Leo