Tudor il controrivoluzionario: come giocherà la sua Juve
La Juve è pronta alla controrivoluzione, terminato il ciclo Thiago Motta ora tocca a Tudor portare i bianconeri in Champions League. Ma come ci riuscirà?
La Juve ha preso la sua decisione. Nelle prossime ore Thiago Motta verrà esonerato dal club bianconero e al suo posto subentrerà Igor Tudor. Per il tecnico croato, che è già stato sulla panchina juventina come vice di Andrea Pirlo, è pronto un contratto con scadenza fino a giugno, ma in cui verrà inserita anche un’opzione di rinnovo annuale qualora dovesse portare risultati positivi. Una decisione meditata in queste ore dalla dirigenza juventina che, fino a pochi giorni fa, ribadiva la propria stima e fiducia in Thiago Motta. Il salto nella grande, però, si è rivelato troppo difficile per un tecnico che forse non era ancora pronto e che ora sarà costretto a ridimensionare momentaneamente le aspettative. La scelta di Tudor, invece, sembrerebbe avere più ragioni di gestione, piuttosto che tattiche.

I risultati di Tudor in Italia (e non solo)
Per Igor Tudor parlano i risultati. Scoperto da Edy Reja all’Hajduk Spalato, ha sempre avuto un’idea di calcio molto chiara e pragmatica. In Italia lo ricordiamo soprattutto per tre parentesi: la prima all’Udinese, quella a Verona e l’ultima alla Lazio. Tutte e tre da subentrante, esattamente come avverrà con la Juve. Se in Friuli è riuscito a ottenere i risultati sperati, prima di fallire l’inizio della stagione seguente (è stato esonerato in favore di Gotti), il meglio di sé l’ha dato sicuramente a Verona nella stagione 21/22, prendendo il posto di Di Francesco dalla quarta giornata in poi. Tudor porta la squadra al nono posto in Serie A e sfiora il record di punti del Verona in campionato (54), totalizzandone 53. Di quell’esperienza, interrottasi per mancato accordo con la società sulle politiche future, resta anche l’incredibile trasformazione di calciatori come Simeone, Caprari e Barak, tridente che arriva in doppia cifra. Una menzione a parte merita quella con la Lazio, quando lo scorso anno prese il posto del dimissionario Maurizio Sarri. Subentrato a marzo, riuscì a centrare l’obiettivo Europa League, creando però non poche tensioni all’interno dello spogliatoio e una pesante spaccatura con la società. Spaccatura creatasi anche nel suo anno a Marsiglia, quando però arrivò 3° in Ligue 1 ottenendo i playoff di Champions League.
Sergente di ferro? No, peggio!
La capacità di gestione di Tudor è forse uno dei suoi elementi più identitari e discussi. L’allenatore croato al momento della sua presentazione all’ambiente Lazio fu netto nello specificare: «Non chiamatemi Sergente di ferro!». Eppure, fu lo stesso Lotito a introdurlo come un tecnico capace di saper usare bene il bastone, quando la carota non era sufficiente. Concetto, probabilmente, che unito ai risultati sopra citati e a una grande conoscenza del mondo Juve – ha giocato per 8 anni a Torino – hanno spinto Giuntoli&Co ad affidargli la panchina da allenatore. Una scelta sensata? In parte. Tudor sicuramente è in grado di reggere le pressioni di una piazza che conosce alla perfezione, ma molto dipenderà anche dalla stabilità di uno spogliatoio che dovrà vederlo come punto di riferimento ed evitare in ogni modo lo scontro contro un tecnico che in passato si è spesso macchiato di precedenti che ne hanno creato la reputazione del cattivo Sergente Hartman. Tutto starà nel rapporto che si verrà a creare tra le parti e la presunzione che metterà Tudor, suo vero tallone d’Achille nel rapporto con la squadra.
Come giocherà la Juve di Tudor?
Ma insomma? Come giocherà questa Juve? Dimenticatevi Thiago Motta e il bel calcio. Tudor non guarda all’estetica, lui è un tecnico pragmatico che guarda al sodo. Ha un’idea calcistica ben chiara, studiata a Coverciano negli ultimi anni, dove è un tecnico molto apprezzato. La parola d’ordine è: intensità. Tanta corsa, costante e continua. Allenamenti massacranti che servono per trasformare la squadra in una vera e propria molla in fase di pressing: un giocatore sale, un altro scende. L’avversario non deve respirare, il gioco va spezzato subito e una volta recuperato il pallone si va in appoggio sui due trequartisti. Ah, già: il modulo! Il 4-2-3-1 di Thiago Motta sarà solo un lontano passato. Lazio, Verona e Marsiglia ci hanno insegnato che Tudor si identifica nel 3-4-2-1.
I due trequartisti hanno un ruolo fondamentale, aprono per la corsa degli esterni sulle fasce e vengono in contro o attaccano la profondità in base a quanto verrà richiesto a Vlahovic o Kolo Muani. Se il centravanti viene a dialogare, gioca il pallone sull’esterno e poi va ad occupare l’area di rigore (come faceva Sanchez al Marsiglia). In alternativa c’è l’attacco della profondità immediato premiato con giocate verticali (come faceva Simeone al Verona). La Juve di Tudor, in questo senso, sarà intensa uomo su uomo e molto verticale. Ne beneficeranno punte e trequartisti, mentre verrà chiesto un lavoro solido e costante a uno dei due centrocampisti, incaricati di una corsa continua in pressing, mentre l’altro lavora più di regia, ma senza rinunciare a questi compiti di pressing forsennato (dovrà essere dotato anche di grande corsa). Gli esterni dovranno offrire grande spinta e propensione offensiva. I tre centrali più tecnici sono, meglio è. Gila era il difensore ideale alla Lazio, alla Juve potrebbe esserlo Kalulu o Kelly.
La possibile formazione?
In effetti è difficile a dirsi senza ancora aver mai visto un allenamento. Possiamo però ipotizzarla in base alle caratteristiche. In porta ovviamente Di Gregorio. La difesa potrebbe essere composta da Gatti (o Veiga) al centro, Kalulu a destra e Kelly a sinistra. I due di centrocampo McKennie e Locatelli, mentre gli esterni Cambiaso e uno tra Weah (o Savona). Sulla trequarti la scelta è ampia: Nico Gonzalez sembrerebbe un profilo ideale (eventualmente anche come attaccante), Yildiz potrebbe rivelarsi una grande sorpresa, mentre rischia di pagare Conceicao. In attacco si alterneranno Vlahovic – per cui Tudor prova tanta stima – e Kolo Muani. Difficile identificare Koopmeiners, che potrebbe muoversi nei due dietro, ma anche avanzare la sua posizione sulla trequarti.