Analisi 14 novembre

Belgio, una squadra di campioni senza titoli: perché la Generazione d’Oro ha fallito

I Diavoli Rossi devono ripartire da zero per cercare di conquistare un trofeo, non sarà facile ripartire dopo il fallimento della Golden Generation

I Diavoli Rossi devono ripartire da zero per cercare di conquistare un trofeo, non sarà facile ripartire dopo il fallimento della Golden Generation

Il Belgio affronterà l’Italia questa sera, nella penultima giornata della fase a gironi di Nations League. L’appuntamento col calcio d’inizio è alle 20:45. Un avversario impegnativo per gli azzurri, ma che non spaventa quanto dovrebbe. C’era una volta la Golden Generation del Belgio, ora non c’è più. 

Il fallimento

Un fallimento che è stato sottolineato tante volte che ormai si è perso il conto. La generazione di Eden Hazard e dei Romelu Lukaku, dei Kevin De Bruyne e dei Thibaut Courtois, dei Dries Mertens; tutti calciatori di qualità e alcuni anche campioni che potenzialmente erano distruttivi, ma in realtà non lo sono mai stati. La selezione belga si è ridimensionata e un momento cruciale è stato quello vissuto il 2 luglio del 2021: la notte di Monaco di Baviera quando l’Italia trascinata da Barella e Insigne ha raggiunto la semifinale dell’Europeo firmando il colpaccio contro una delle favorite. Un altro frame è quello dell’eliminazione dai Mondiali del Qatar, il pareggio con la Croazia che è costato l’eliminazione dai gironi.

Quando nasce la Golden Generation

La Generazione d’Oro nasce nei primi anni del nuovo millennio, in coincidenza dell’evoluzione della Federazione che vede il movimento belga investito da una profonda riorganizzazione. Scuole e settori giovanili iniziano a collaborare in simbiosi, cambia il modulo di gioco che diventa più sfrontato e coraggioso. A questo si aggiunge anche un lavoro più approfondito dal punto di vista dell’osservazione che consente di scoprire talenti e seguirli da vicino. Così vengono scoperti i pilastri della Golden Generation da De Bruyne a Lukaku, passando per Courtois, Mertens e Hazard. È Wilmots a raccogliere i primi frutti di questo lavoro.

L’apice della Generazione d’Oro

Le potenzialità della selezione per alcuni anni sono enormi e il percorso fatto ai Mondiali del 2014 in Brasile ne è la prova. L’avventura si concluse poi ai quarti di finale per mano dell’argentina. Euro2016 è una delusione cocente per i Diavoli Rossi che si presentano al torneo come outsider per la vittoria finale, ma qualcosa non ha girato per il verso giusto e tutte le certezze si sgretolano nuovamente ai quarti questa volta per mano del Galles. Rialzarsi non è stato facile, tantomeno riorganizzarsi. Ma il Belgio resetta tutto con l’arrivo del nuovo ct Martinez che aiuta la squadra a ritrovare le ambizioni e si presenza in Russia dominando il girone a punteggio pieno. Dopo 32 anni i Diavoli Rossi riprovano l’emozione di una semifinale dalla quale escono poi sconfitti contro la Francia, ma si classificano terzi battendo l’Inghilterra. È questo l’apice della parabola della Generazione d’Oro.

Cosa non ha funzionato

Individuare con precisione cosa non abbia funzionato non è semplice. Un sistema che ha visto giocare insieme tanti talenti militanti nelle squadre più blasonate d’Europa, ma forse è stata proprio questa la difficoltà: l’incapacità di formare un team a dispetto del talento di un singolo di livello altissimo. A questo si aggiunge la tensione interna scatenata da diversi fattori che non è mai mancata in questi anni, l’ultimo esempio andando in ordine cronologico è il recente screzio tra Courtois e l’attuale ct. 

La selezione di oggi

Di tempo ne è trascorso e man mano tutte le stelle hanno iniziato a abbandonare la nave fino a arrivare al giorno d’oggi. Di quella generazione ne sono rimasti pochissimi, Lukaku è tra questi. È il momento dei giovani. La formazione di Domenico Tedesco è in continuo mutamento, si è rimpicciolita dal punto di vista delle ambizioni e della qualità, ma sicuramente ringiovanita. È in una fase di incertezza, da un passato malinconico a un presente e futuro interessanti, ma da ricostruire. 

Martina Barnabei

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