Analisi 26 gennaio

Juventus, la pazienza è finita: squadra senz’anima e Motta scaricato

Il secondo tempo di Napoli ha mostrato la vera anima fragile di una squadra insicura e colma di lacune, a cui un tecnico decantato come rivoluzionario ha infuso tutti i propri limiti
Francesco Asprea

Il secondo tempo di Napoli ha mostrato la vera anima fragile di una squadra insicura e colma di lacune, a cui un tecnico decantato come rivoluzionario ha infuso tutti i propri limiti

Se ti chiami Juventus è difficile accettare la sconfitta, ancor più se contro un avversario che ormai da sei partite di fila in casa in campionato ti prende a pallonate. Ma il pesante ko contro la capolista Napoli non lascia in casa bianconera solamente strascichi di natura matematica, visto che in una stagione già finora ampiamente al di sotto delle aspettative ieri sera è scomparso anche lo 0 dalla voce “sconfitte”. Quel che resta impresso nelle fragili teste dei giocatori è soprattutto una sensazione di impotenza e incapacità di lottare, che scaturisce da limiti che settimana dopo settimana hanno preso il sopravvento su quanto di buono fatto vedere nelle prime settimane di lavoro, quando la Vecchia Signora volava sulle ali delle entusiasmo e sulle intuizioni di un allenatore che sembra aver perso in un colpo solo credibilità e fiducia.

Nostalgia di Max

Per ritrovare un secondo tempo senza tiri della Juventus bisogna tornare indietro fino al big match contro l’Inter del 26 novembre 2023. Allora, dopo un botta e risposta tra Vlahovic e Lautaro Martinez, le due squadre si spartirono la posta in palio in un derby d’Italia che in quel momento della stagione profumava per entrambe di scudetto.  Sulla panchina bianconera sedeva allora un tale Max Allegri, che nonostante lo scontento della piazza per una squadra che pur ottenendo risultati mostrava un calcio asfittico e il più delle volte rinunciatario si era già messo l’elmetto a protezione del gruppo, con l’unica idea di perseguire gli obiettivi imposti dalla società prima di salutare a fine stagione. Quella Juve non era bella, ma aveva mentalità, carattere e soprattutto attaccamento al risultato, tutte cose che sembrano mancare a questa versione 2024/25.

Stare sopra non conta più nulla

Il dato chiave sono i punti persi da situazione di vantaggio: 17, più del doppio rispetto all’intera passata stagione (9) e meno solo del 2019/20 (21) nelle ultime 15 edizioni del massimo torneo. E se anche Di Gregorio nel post partita ha sommessamente riconosciuto che qualcosa non funziona e che tutto non può riferirsi sempre alla scorciatoia dell’aspetto mentale, appare evidente che la squadra non creda in quello che fa e che Motta abbia piano piano perso la bussola nel gestire lo spogliatoio, tra scelte sconclusionate e un rapporto con i leader ancora una volta complicato come sempre è stato nella sua carriera.

Una squadra impotente

Questo miscuglio di fragilità produce un minestrone indigesto, che si traduce in un secondo tempo che è una dichiarazione di pura impotenza: appena il Napoli ha alzato l’asticella la squadra si è prima impaurita e poi sgretolata, finendo senza possibilità di replica nel tritacarne azzurro. E mentre Politano correva da Conte appena conquistato il rigore poi trasformato da Lukaku per il 2-1 gridando “siamo troppo forti”, chissà se qualcuno dall’altra parte si è posto invece qualche domanda facendo magari anche un briciolo di autocritica. Dalla parte di Motta, tra leader ai margini e tifosi spazientiti, ora c’è solo Giuntoli. Ma la Juventus non è per tutti: forse è arrivato davvero il momento di riflettere, almeno per salvare il salvabile. 

Iacopo Erba 

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