Castellanos, Lazio
Analisi 18 aprile

Lazio, dal sogno all’incubo: i quarti sono una maledizione

La Lazio passa dalle stelle all'incubo, contro il Bodo/Glimt perde ai rigori dopo la clamorosa rimonta, e dice addio al sogno semifinale
Niccolò Di Leo
Castellanos, Lazio

La Lazio passa dalle stelle all’incubo, contro il Bodo/Glimt perde ai rigori dopo la clamorosa rimonta, e dice addio al sogno semifinale

Ti dedico un sogno ma tu non lo vedi” canta Ultimo nel successo del 2017, ‘L’eleganza delle stelle’. Una frase che potrebbe essere serenamente associata al momento della Lazio, ai pensieri che oggi circolano nelle stanze di Formello, tra la rabbia e la delusione, ma soprattutto la convinzione che si poteva e si doveva fare di più.  Il rigore sbagliato da Castellanos, le critiche a Baroni per averlo mandato dal dischetto nonostante i problemi fisici, hanno oscurato la prova di carattere e di cuore messa in campo dalla Lazio. Centoventi minuti a lottare, fino all’ultima goccia di sudore, svuotando le tasche anche della più piccola briciola, come piace a Baroni. La Lazio abbandona l’Europa League e lo fa con la consapevolezza che qualcosa è mancato per inseguire quel sogno che per mesi ha coltivato e tenuto nascosto dentro al cassetto, custodito in silenzio, ma con la consapevolezza che fosse realmente realizzabile.

Haikin, il muro (non) invalicabile

I quarti di finale sono l’ultima tappa di un lungo percorso che per qualcuno l’aveva addirittura inserita nel novero delle favorite per alzare la coppa sotto il cielo di Bilbao. Ad andare avanti è invece il Bodo/Glimt, ospiterà il Tottenham in Norvegia, volerà nella piovosa Londra tagliando un traguardo che nessun club norvegese ha mai tagliato. La semifinale di Europa League è l’apice di un percorso iniziato anni fa e che oggi continua a premiare e a dare risultati. Haikin è l’eroe degli undici metri. Due rigori parati su tre, il terzo Noslin lo ha calciato fuori ma aveva comunque intuito l’angolo. È contro di lui che la Lazio sbatte ripetutamente per tutta la partita. È lui a negare la gioia a Pedro e la doppietta a Castellanos, volando anche sulla punizione che Zaccagni aveva ben calciato sotto l’incrocio. Un portiere attento contro una squadra che, nonostante tutto, lo ha bucato tre volte e che era riuscita ad arrivare a un passo dalla storia, che con quella incredibile rimonta aveva afferrato all’ultimo il treno che portava in semifinale.

La maledizione dei quarti

La Lazio volava, i piedi non toccavano terra, lo sguardo era alto verso il sole. Il 3-0 di Dia sembrava porre la parola fine su una serata destinata a diventare storia, una notte che avrebbe avuto un ruolo centrale nel racconto dei nonni ai nipoti davanti al camino in un gelido inverno. Ma se qualcuno nel calcio cerca la logica, ha sbagliato sport. Pronosticare è complicato, prevedere è impossibile. E anche quando l’inerzia era tutta in favore della Lazio, anche quando il Bodo/Glimt sembrava tramortito dal risultato e da un magnifico Stadio Olimpico, protagonista di due scenografie leggendarie, a ricordarci che questo sport è tanto bello quanto sadico è il gol di Elmersen che al 110’ fa scendere il gelo nella Capitale. Il sogno si frantuma, le convinzioni crollano e arriva il 120’, il triplice fischio e quella maledetta lotteria dei rigori che tra caso e responsabilità sarà incubo ricorrente nelle notti biancocelesti. La maledizione dei quarti di finale colpisce ancora, la Lazio vede sfumare un altro obiettivo in un’altra notte dolorosa… come contro il Fenerbahce, come a Salisburgo.

Niccolò Di Leo

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